Nascita indesiderata: responsabilità medica per mancato consenso informato

La violazione del diritto ad una piena informazione sulla salute del nascituro può dar luogo ad un’azione per il risarcimento del danno non solo quando si dimostri che, se adeguatamente informata, la madre avrebbe scelto di abortire, ma anche quanto manchi questa prova, cioè quando i genitori sono stati privati della possibilità di accogliere un bambino con problemi di salute.

(Cassazione civile sentenza 28/02/2017 n. 5004)

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Consenso informato

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, impone che quest’ultimo fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l’intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti, col solo limite dei rischi imprevedibili, ovvero degli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l’”id quod plerumque accidit”, in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l’intervento e l’evento lesivo.

2. L’acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico, di talché l’errata esecuzione di quest’ultimo dà luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell’obbligo di informazione, anche in ragione della diversità dei diritti rispettivamente, all’autodeterminazione delle scelte terapeutiche ed all’integrità psicofisica – pregiudicati nelle due differenti ipotesi.

(Cass. civ. III sezione 20.5.2016 n. 10414)

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Criteri di imputabilità della responsabilità medica

La responsabilità medica, in quanto afferente una prestazione d’opera intellettuale, è normalmente regolata dall’art.1176 c.c., in forza del quale il professionista, e dunque la struttura sanitaria della quale eventualmente si avvalga, è tenuto, nell’adempimento delle obbligazioni inerenti alla sua attività, alla diligenza del buon padre di famiglia, con la conseguenza che di regola il medico risponde nei confronti del paziente anche per colpa lieve. Nella sola ipotesi in cui la sua prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, la legge prevede un’attenuazione della normale responsabilità, nel senso che il professionista è tenuto al risarcimento del danno unicamente per dolo o colpa grave.

(Trib. Taranto Sez. I, 03/06/2014)

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